Home » Blog » Medicina interna » Prolasso della ghiandola della terza palpebra (cherry eye-occhio a ciliegia)

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Definizione

Il prolasso della ghiandola lacrimale accessoria (c.d. ghiandola di Harder) della terza palpebra (nittitante) è dato dalla protrusione della ghiandola, fisiologicamente localizzata a livello della base della cartilagine della palpebra, oltre il margine libero della membrana nittitante. Questa patologia è stata descritta ampiamente in letteratura sia nei cani sia, anche se molto più raramente, nei gatti. Nel cane il prolasso in discussione è frequente fra i soggetti con età inferiore ai due anni, mentre nel gatto si manifesta in soggetti adulti. In genere la patologia insorge come monolaterale, ma spesso l’interessamento dell’altro occhio sopravviene entro i successivi 1-3 mesi. Nel cane esiste una predisposizione per razze quali il Cocker (americano e inglese), il Lhasa Apso, il Bulldog (inglese e francese), il Beagle, lo Shitzu, il Pechinese, il Mastino napoletano, il Maltese, il Basett Hound, il Boxer, lo Shar-pei, il Boston terrier. Con riferimento al gatto, la razza Burmese risulta essere quella più la predisposta. In ragione della maggior diffusione della patologia fra le razze brachicefale, è stato ipotizzato che alla sua insorgenza contribuisca anche la conformazione dell’orbita.

Eziopatogenesi

Fisiologicamente la ghiandola è posizionata nell’angolo interno dell’occhio alla base della terza palpebra (nittitante) ed è adesa al tessuto periorbitale mediante bande di tessuto connettivale. La ghiandola presenta numerosi microscopici dotti escretori che si aprono sulla faccia posteriore della nittitante. È stato sperimentalmente verificato che, in generale, il 30%-60% della produzione totale della porzione acquosa delle lacrime deriva dalla secrezione della ghiandola della terza palpebra.

La protrusione della ghiandola oltre il margine libero della nittitante è sempre collegata ad edema ed ipertrofia del tessuto. In passato è stato ipotizzato che la causa di tale modifica patologica fosse uno stato infiammatorio, in seguito si è fatta avanti l’ipotesi di un difetto congenito, probabilmente ereditario, consistente in una lassità̀ del tessuto connettivale che unisce la ghiandola alla periorbita.

Sintomi clinici

I sintomi clinici sono dati dalla presenza della tipica “ciliegia” all’angolo nasale dell’occhio (massa rosso-rosata di dimensione variabile), congiuntivite con iperemia dei vasi, epifora e scolo mucoso. In alcuni casi possono esserci erosioni corneali provocate dall’irritazione. Più tempo la ghiandola rimane prolassata, maggiore è la probabilità che subisca alterazioni e che quindi non sia più pienamente funzionale una volta riposizionata.

TERAPIA

Trattamento medico

La somministrazione topica di antibiotici ed antinfiammatori non è mai risolutiva e consente, solo nei casi di recente esordio della patologia, di riposizionare manualmente la ghiandola nella posizione fisiologica.

Trattamento chirurgico

Fino agli anni ‘80 il trattamento chirurgico eseguito in caso di prolasso della ghiandola della terza palpebra è stato l’asportazione della ghiandola stessa o di tutta la terza palpebra. Dopo anni di studi, si è tuttavia arrivati alla conclusione che la rimozione di tale ghiandola predisponga l’animale alla comparsa di alterazioni qualitative e quantitative del film lacrimale (cheratocongiuntivite secca, KCS). La rimozione della ghiandola può abbassare i valori dello Schirmer tear test (test quantitativo della produzione lacrimale) tra il 29 e il 57% nel cane e tra il 12 e il 26% nel gatto. L’asportazione è quindi ora considerata una tecnica non etica ed è stata quindi abbandonata, tranne nei casi in cui non ci siano più i presupposti per un corretto riposizionamento (ghiandola irrimediabilmente danneggiata o affetta da neoplasia).

Gli obiettivi della chirurgia, qualsiasi sia la procedura scelta, sono quelli di riposizionare adeguatamente la ghiandola al di sotto del margine libero della nittitante, di riuscire a non limitare i movimenti post-operatorio della terza palpebra e di non danneggiare il tessuto ghiandolare, compresi i dotti escretori.

Le tecniche chirurgiche di riposizionamento sono fondamentalmente riconducibili a due tipi di intervento.

1. Si procede dalla superficie anteriore o palpebrale della terza palpebra per ancorare la ghiandola al periostio della periorbita ossea [tecnica di Kaswan e Martin; tecnica di Stanley e Kaswan];

2. Si riveste parzialmente o totalmente la ghiandola prolassata con l’adiacente mucosa congiuntivale [tecnica di Twitchell; tecnica di Moore; tecnica della tasca di Morgan].

Ad oggi la tecnica più utilizzata è la tasca di Morgan. Il successo di tale procedura si assesta intorno al 90%; il rimanente 10% può recidivare.

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