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L’avvelenamento da glicole etilenico è moderatamente diffuso durante il periodo invernale in quanto questo è uno dei maggiori componenti dei comuni antigelo. L’intossicazione con questa sostanza è la principale causa di morte da avvelenamento nei piccoli animali. Il suo sapore dolciastro fa si che gli animali ne siano attratti e, una volta leccato, li porti ad avere sintomi più o meno gravi, fino alla morte.

I gatti sono più sensibili al glicole etilenico rispetto ai cani: la dose letale minima nel gatto è 1,4ml/kg, a differenza del cane dove la dose letale minima si aggira attorno ai 4,4ml/Kg, tuttavia la percentuale di cani avvelenati da glicole etilenico è più alta rispetto a quella dei gatti.

Il glicole etilenico in sé non è tossico, mentre lo sono i metaboliti che ne derivano, prodotti dall’organismo di chi lo ingerisce. Questa sostanza viene rapidamente assorbita a livello intestinale, soprattutto se lo stomaco è vuoto, e raggiunge i livelli di massima concentrazione plasmatica già 3 ore dopo l’ingestione. Il metabolismo del glicole etilenico è a livello epatico, in misura minore a livello renale e gastrico, ed avviene qualche ora dopo l’assunzione della sostanza. I cataboliti prodotti sono differenti:

Acido glicolico – induce acidosi ed aumenta la produzione di acido lattico
Acido ossalico – lega gli ioni calcio nei tubuli renali, causando la formazione di cristalli di ossalato di calcio con conseguente ipocalcemia, danno all’epitelio dei tubuli ed ostruzione dei tubuli renali stessi
L’avvelenamento da glicole etilenico è caratterizzato da tre fasi:

PRIMA FASE – inizia 30 minuti dopo l’ingestione della sostanza e continua per 8 ore. In questa fase, gli animali possono manifestare vomito, poliuria/polidipsia (soprattutto nei cani, mentre nei gatti si ha piuttosto poliuria), a volte si ha atassia.

SECONDA FASE – normalmente dopo 8 fino a 24 ore post ingestione. Questa fase è caratterizzata da acidosi, si ha depressione del sistema nervoso, aritmie cardiache, ipotermia, fascicolazioni e, a volte, si può arrivare ad avere il coma del paziente.

TERZA FASE – inizia circa 25-72 ore dopo l’ingestione di glicole etilenico. Gli animali presentano oliguria ed in alcuni casi anuria, associati ai sintomi tipici dell’uremia: ulcere a livello di cavità orale, scialorrea, vomito, anoressia, crisi convulsive.

Di fondamentale importanza, come in tutti i casi di avvelenamento, è la diagnosi precoce per cercare di salvare gli animali interessati. La gas cromatografia è il gold standard per la diagnosi di avvelenamento da glicole etilenico: questa tecnica misura quantitativamente la quantità glicole etilenico nel sangue. Il problema principale di questa metodica sono gli elevati costi ed il lungo tempo di attesa per avere un risultato significativo, per cui spesso si prendono in considerazione dei metodi indiretti per valutare l’avvelenamento da questa sostanza: l’aumento di anion gap, l’iperosmolarità, l’elevata concentrazione di urea e creatinina, l’ipocalcemia. Questi fattori, associati all’anamnesi, sono suggestivi di avvelenamento da glicole etilenico. I cristalli di ossalato di calcio sono un comune riscontro nell’esame delle urine. L’ecografia addominale mette in evidenza un incremento di ecogenicità della corticale e della midollare renale, con una diminuzione di ecogenicità a livello della giunzione cortico-midollare.

La prognosi in caso di avvelenamento da glicole etilenico dipende molto dal tempo di insorgenza dei vari sintomi e da quanto è passato dall’ingestione: gli animali messi in terapia allo stadio uno hanno una prognosi molto favorevole, al contrario degli animali messi in terapia allo stadio tre, i quali hanno una prognosi riservata/infausta.

Se sono passate poche ore dall’ingestione è molto importante la procedura di decontaminazione a livello gastrico, quindi una lavanda gastrica tempestiva o l’uso di emetici sono di grande ausilio terapeutico e limitano l’assorbimento del glicole etilenico; anche il carbone attivo dato per via orale può essere utile in questi casi. In commercio sono disponibili degli antidoti da somministrare per contrastare i metaboliti prodotti dall’organismo; questi sono più efficaci se somministrati il prima possibile, ma si raccomanda la loro somministrazione entro le 8 ore dall’ingestione del glicole etilenico. Il farmaco d’eccellenza è il Fomepizolo, usato nel cane ad un dosaggio iniziale di 20mg/Kg per via endovenosa e poi a scalare. Nei gatti i dosaggi sono molto più alti (125mg/kg come dosaggio iniziale e poi a scalare). Assolutamente da non usare tale farmaco in associazione alla terapia con etanolo. La prognosi è buona se la terapia con Fomepizolo viene iniziata tra le 8 e le 12 ore dall’ingestione nel cane, ed entro 3 ore dall’ingestione nel gatto. Se non fosse disponibile questo farmaco si può iniziare la terapia con l’etanolo al 20%, il quale inibisce il metabolismo intestinale del glicole etilenico per la sua affinità verso l’enzima alcol deidrogenasi. La fluidoterapia è importante per la disidratazione, l’equilibrio elettrolitico e per la diuresi. A volte è indicato anche l’uso di diuretici per favorire l’escrezione dei metaboliti attraverso il rene. La vitamina B viene spesso associata alla fluidoterapia. In alcuni casi può essere indicata l’emodialisi o la dialisi peritoneale in caso di insufficienza renale acuta.

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