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La panleucopenia felina è una malattia virale trasmessa da un virus (FPV) strettamente correlato al Parvovirus canino. È una malattia spesso mortale che colpisce gatti domestici e felini selvatici, soprattutto di giovane età, dai 3-5 mesi, in seguito al declino degli anticorpi materni, ma può colpire anche gli adulti fino a 4-5 anni, se non correttamente vaccinati.

Tale virus è molto resistente a diversi disinfettanti e resiste per diversi mesi nell’ambiente esterno.

La panleucopenia felina viene trasmessa per via oro-fecale, solitamente per via indiretta, anche se un contagio diretto durante la vita fetale è possibile, così come l’infezione neonatale.

In generale la carenza di anticorpi materni, che proteggono fino a circa le 8 settimane di età, la scarsa igiene, il sovraffollamento, lo stress, la presenza di altri patogeni enterici, quali il Coronavirus felino, la Salmonella ed il Campylobacter e talvolta l’incapacità del sistema immunitario di produrre anticorpi efficaci, predispongono a contrarre la malattia.

I sintomi clinici sono legati alla diarrea, il più delle volte emorragica, dovuta alla distruzione da parte del virus dei villi intestinali, tuttavia le manifestazioni cliniche sono piuttosto variabili, con forme ad insorgenza subdola fino a forme iperacute, spesso mortali. Le forme più gravi portano a morte entro 24 ore e sono caratterizzate da ipotermia e grave abbattimento. Le forme acute sono invece caratterizzate da febbre, dolore addominale, abbattimento, anoressia, vomito, diarrea emorragica, setticemia e morte entro 72 ore dalla comparsa dei sintomi. Le forme più lievi generalmente hanno segni clinici più attenuati e se il paziente è supportato adeguatamente, la ripresa potrebbe essere auspicabile.

Questi sintomi clinici sono spesso associati a quadri ematologici molto gravi, che rendono la prognosi strettamente riservata, il più delle volte infausta. Si può quindi riscontrare una diminuzione dei globuli bianchi (leucopenia) o di tutte le linee cellulari.

L’infezione delle madri nei primi tre mesi di gravidanza può essere letale per i feti, mentre un’infezione più tardiva è responsabile della nascita di soggetti affetti da ipoplasia cerebellare. I gattini colpiti da tale patologia presentano un’andatura plantigrada con tremori, incoordinazione motoria ed atassia. I segni clinici solitamente non si manifestano fino alle 2-3 settimane di età. Nei casi più gravi può sopravvenire la comparsa di convulsioni ed alterazioni comportamentali.

Il sospetto diagnostico viene avvalorato molto spesso dai segni clinici e dalla drastica riduzione dei leucociti, che accompagna spesso la gravità della malattia. La patologia diventa tanto più fatale quanto più si abbassa il valore leucocitario.

Gli esami di laboratorio effettuabili in presenza di sospetto di tale patologia, oltre al semplice esame emocromocitometrico, sono kit diagnostici che sfruttano la tecnica ELISA (enzime-linked immunosorbent assay, saggio immuno-assorbente legato ad un enzima), che rilevano la presenza del virus utilizzando la ricerca degli anticorpi su un campione di feci. Questi sono dei test pratici che danno buone indicazioni sull’infezione, in quanto sfruttano le reazioni immunoenzimatiche, cioè la capacità del virus di legarsi a particolari enzimi. Può essere inoltre eseguita anche la tecnica PCR su sangue intero o su feci, presso laboratori specializzati, per confermare i risultati dubbi dei test ELISA.

I test sierologici vengono sconsigliati poiché non sono in grado di distinguere anticorpi prodotti dalla vaccinazione da quelli prodotti in seguito al contagio dell’infezione.

La gestione terapeutica della malattia prevede un ricovero presso dei centri specializzati per malati infettivi, fluidoterapia in vena di supporto con supplemento vitaminico, antibiotici per scongiurare il progredire dell’infezione verso la setticemia, antiemetici, nutrizione per via parenterale, fermenti lattici e, se disponibile, terapia antivirale con interferone omega ricombinante felino. Recenti studi hanno dimostrato ed avvalorato l’efficacia dell’utilizzo dell’interferone durante la malattia, soprattutto se con somministrazione precoce. L’efficacia può essere monitorata tramite la conta leucocitaria.

La prevenzione risulta senza alcun dubbio l’arma vincente per combattere la diffusione di questa malattia.

La vaccinazione contro il Parvovirus è obbligatoria per tutti i gatti,sia che vivano in casa, sia che abbiamo la possibilità di uscire. La vaccinazione deve essere eseguita su gattini di età compresa tra le 6 e le 12 settimane, tempo in cui l’immunità assunta con il colostro è in calo; successivamente va richiamata dopo 3-4 settimane e ripetuta dopo un anno.

Per i gatti adulti, di cui non si conosce la storia vaccinale, va fatta una prima vaccinazione con un richiamo vaccinale dopo un anno.

Secondo le linee guida internazionali, terminato il protocollo iniziale, la vaccinazione va eseguita ogni tre anni per i gatti che non hanno contatti con l’esterno ed ogni anno per quelli che invece ne hanno la possibilità.

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